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Gioacchino Schicchi

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Franco Micciché: breve storia di un sindaco (già) solo

Da tempo lo si da per "spacciato", con dimissioni sempre pronte ad essere firmate che però non arrivano mai: in troppi però guardano alle prossime elezioni per presentare il "conto" e chiedere un rimpasto

Dopo questo articolo arriveranno le smentite. Alcune, probabilmente, saranno anche rabbiose, scomposte, risentite. Di quello che scriviamo è però quanto si parla ormai senza particolari timori nei corridoi della politica cittadina da tempo.

Franco Miccichè è un sindaco solo.

Anzi, un primo cittadino "depotenziato", di cui ormai quasi da un anno si annunciano impellenti - ma infondate - dimissioni. Che siano prive di sostanza quelle voci (che hanno iniziato a rincorrersi già a sei mesi dall'insediamento non solo tra gli operatori politici, ma anche tra i dipendenti e i dirigenti comunali) non toglie la gravità della loro presenza costante a Palazzo dei Giganti per quello che portano con sè: la percezione di un'amministrazione comunale provvisoria, che non potrà determinare nulla. La conseguenza diretta sulla macchina burocratica è che nessuno, letteralmente, è disposto a "sudare" sulle carte.

A questo si aggiunge che, sempre più, si è cristallizzata la distanza oggettiva tra Micciché e la sua Giunta, che a mezza bocca non ha mai accolto con particolare favore questa linea dimessa del primo cittadino, tanto che, ed è oggettivo, ogni assessore sostanzialmente comunica in modo autonomo promuovendo sé stesso o poco altro. Del resto, già subito dopo il suo insediamento, il sindaco si era lasciato scappare una battuta: "Molti degli assessori non li conoscevo". Fatto vero, raccontato con la spontaneità tipica di Micciché ma che dimostra come la sua squadra sia ben lontana dai "monocolore" di cui in genere i sindaci si circondano. Per questo, per larga parte di questa prima porzione di mandato, le deleghe più importanti erano concentrate in una, due persone, segno di debolezza e non certamente di forza. 

In questi mesi Micciché si è trovato addosso le critiche di quella stessa gente che lo aveva votato sull'onda di una promessa di normalità (che sembra ben lontana dall'essere offerta) e si è "immolato" pubblicamente in vicende dalle quali avrebbe potuto tenersi lontano almeno da un punto di vista cautelativo come quella ormai celebre dei Suv: dopo la difesa a spada tratta dell'utilizzo delle somme l'arrivo della richiesta di restituzione degli importi è stata seguita da un silenzio imbarazzato e imbarazzante, che ha scontentato molti.

Così non è strano in questo contesto che ci sia una porzione degli alleati che già scalpiti da parecchio perché si riveda la composizione della giunta, eliminando alcuni assessori ritenuti "deboli" (in termini di voti raccolti ma anche di assenza di effettiva rappresentanza politica) in favore magari di qualche consigliere comunale in carica. Tutti ripetono la stessa cosa: "ne riparliamo a novembre", cioè dopo le elezioni regionali e quelle nazionali.

Del resto la vasta coalizione che Micciché si porta dietro dopo il voto delle amministrative appare compatta fino ad un certo punto: Forza Italia è uscita quasi subito, DiventeràBellissima ha lanciato ipotesi di scissione poche settimane fa e le liste autonomiste sono solo "temporaneamente" (almeno una parte di esse) al fianco del primo cittadino.

Dopo la "pesa" elettorale, quando i candidati di ogni area dimostreranno il carico di voti che portano in "dote" e si potranno presentare nuove richieste. Il compito di Micciché, per questi alleati,  è di continuare a fare quello che sta facendo: tenere bene o male il volante della macchina comunale e andare avanti. Chiuse le urne, si vedrà cosa fare e se, soprattutto, sia conveniente proseguire su questa strada o magari spegnere l'auto e scendere. Oppure no. 

Micciché potrebbe assecondare un "pensiero stupendo", come quello della canzone di Patty Pravo: semiazzerare la giunta, ritenere i suoi "obblighi" politici ormai estinti e ripartire da capo per salvare il salvabile. 

Qualcuno, pare, l'avrebbe sussurrata come voce già da tempo. Bisogna capire se sarà ascoltato.

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