Madre snaturata
“Perché, se anche gli altri due figli erano illegittimi, solo il terzo ella odiava, fino a rischiare di procurarne la morte?”, questo si chiedevano tutti ad Agrigento quando si seppe il caso della “madre snaturata”
Elio Di Bella è un cronista agrigentino, docente di storia e filosofia e appassionato di storia locale. Cerca in tutte le occasioni di essere all'altezza della situazione (ma essa non deve superare il metro e cinquanta). E' cresciuto (si fa per dire) mangiando pane e Inter negli anni Sessanta, quando i nerazzurri vincevano tutto. Appassionato fin da ragazzo di voli spaziali, oggi è più certo dell'esistenza degli alieni, che di prossimi successi della sua amata Inter. Si consola però vedendo vincere la squadra di basket Fortitudo Agrigento, di cui scrive per il Giornale di Sicilia le note sportive, tentando di essere all'altezza della situazione quando deve intervistare ragazzi alti oltre un metro e novanta. Ma è un'impresa disperata.
“Perché, se anche gli altri due figli erano illegittimi, solo il terzo ella odiava, fino a rischiare di procurarne la morte?”, questo si chiedevano tutti ad Agrigento quando si seppe il caso della “madre snaturata”
La notte tra il 4 e il 5 luglio 1922 fu una delle più amare per l’onorevole Giovanni Guarino Amella. Fino a quel giorno le aveva vinte tutte. Ma quella notte i tammurinari di San Calò a Girgenti non suonavano per lui, ma per il “pescecane”, come lo chiamava lui, l’ex onorevole di Licata Arturo Verderame
Quattro “infelici ragazzi" ( il più piccolo di anni nove e il più grande di anni 13) rimasti tra le macerie e soffocati dal gas, morivano, insieme ad un giovane di 23 anni
I momenti del lungo sequestro di uno dei più facoltosi proprietari di Sciacca, il settantaquattrenne Calogero Parlapiano (Archivio di Stato inventario 10 fascicolo 12). Fu una delle imprese più clamorose del bandito saccense Vincenzo Capraro, ma più celebre il conclusivo e inatteso colpo di scena.
Dopo un lungo e complesso dibattimento, i giudici di Girgenti condannarono diverse balie a nove mesi di reclusione e alla multa di lire trecento in quanto colpevoli di truffa continuata di somme imprecisate e per un periodo di tempo imprecisato in danno dell’amministrazione provinciale
All'incredulo presidente del Tribunale Filippo Diaz, Gerlanda spiegò che non era pazza, né delinquente, ma disperata e ammise - come ci dice la sentenza - che "era vero aveva rotto lei quei fanali, ma l'aveva fatto perché ammalata e sperava con questo atto essere dopo che fosse stata arrestata, rimessa ad un ospedale ". Il vecchio giudice ne aveva viste tante il quella città di matti, ma una cosa come questa…Possibile che una onesta donna fosse costretta a farsi chiudere in galera per farsi curare ?