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Sabato, 20 Aprile 2024
I rischi

Acrilammide, perché è tossico e in quali alimenti possiamo trovalo?

Studi hanno dimostrato il legame tra il rischio maggiore di sviluppare tumori e l’esposizione a questa sostanza che si forma naturalmente negli alimenti amidacei durante la cottura ad alte temperature. Sebbene non esista una dose "sicura", è meglio ridurne l’esposizione: vediamo come

L'acrilammide è una sostanza potenzialmente cancerogena che si forma naturalmente nei prodotti alimentari amidacei (come pane, pizza, patate, biscotti, corn flakes, caffé, ecc) durante la cottura ad alte temperature (frittura, cottura al forno e alla griglia, e anche lavorazioni industriali a più di 120° con scarsa umidità). Il processo chimico che lo sprigiona è noto come “reazione di Maillard” e conferisce al cibo quel tipico aspetto di “abbrustolito” che lo rende più gustoso ma anche nocivo. Nel 2015 l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha dichiarato, dopo un’accurata valutazione dei rischi per la salute di questa sostanza, che, sebbene non esista una dose "sicura", è meglio ridurne l’esposizione. La dose massima raccomandata è di un microgrammo al giorno di acrilammide, ovvero la quantità contenuta in 1 g di patate chips, 3 g di patate fritte, 4 g di biscotti.

L’Efsa ha anche individuato quali cibi contribuiscono maggiormente all’esposizione a questa sostanza a seconda dell’età. Negli adulti, le patate fritte sono responsabili fino al 49% dell’esposizione media, seguite dal caffè (34%), dal pane morbido (23%) e dai biscotti, cracker e pane croccante. Nei bambini e negli adolescenti, invece, le patate fritte sono responsabili fino al 51% dell’esposizione media, seguite dal pane morbido, dai cereali da colazione e dai biscotti (25%). E’ evidente che la dose di acrilammide "tollerabile" è verosimilmente incompatibile con una alimentazione equilibrata e varia. Tuttavia è possibile ridurne l’esposizione con qualche piccolo accorgimento in cucina. Dell'argomento ne abbiamo parlato con il nutrizionista Fabio Mariniello.

Dott. Mariniello, cos’è l’acrilammide alimentare?

“L’acrilammide è uno dei composti (potenzialmente) nocivi che si forma normalmente negli alimenti sottoposti a cotture ad alta temperatura. È impossibile impedire del tutto che questo avvenga, specialmente nelle cotture a basso tasso di umidità e con temperature toccano o superano i 120° centigradi. Cotture che prevedano l’impiego di forni, friggitrici, friggitrici ad aria, griglie e pentolame possono generano sempre prodotti di combustione e, tra questi, anche l’acrilammide. Molto più sicure solo le lessature e le cotture in padella con un fondo di cottura liquido. La Fondazione Airc ha spiegato che, una volta ingerito, l’acrilammide viene assorbito dall’intestino, metabolizzato principalmente in glicidammide (la forma ritenuta pericolosa) e distribuito a tutti gli organi tramite il flusso sanguigno. Non solo, questa sostanza si trova anche nelle sigarette, e i livelli di questa sostanza nel sangue dei fumatori sono da tre a cinque volte più elevati di quelli che si osservano nei non fumatori”.

In quali alimenti possiamo trovarlo?

“I prodotti più vulnerabili alla formazione di questo composto sono quelli a base di carboidrati ed in particolare quelli nei quali il principale carboidrato è l’amido. È necessaria anche la presenza di un particolare amminoacido che partecipi alla reazione chimica in questione. L’alimento per eccellenza che andrebbe evitato per ridurre l’introito di acrilammide è la patata fritta imbustata di tipo industriale. Sia la costituzione chimica dei tuberi, quando il modello di produzione, contribuiscono allo sviluppo massiccio di acrilammide. Prestiamo estrema attenzione nella scelta del pane, selezionando quello meno bruciacchiato. Qualora non aveste grande scelta, tagliate e scartate la parte esterna quando molto scura, dura e croccante. Per quanto buono, è praticamente bruciato. Il pane morbido non è esente da rischi. Anche i biscotti, essendo infornati ad alte temperature, tendono a sviluppare una discreta quantità di questa sostanza. I cracker, tanto utilizzati come merendina per grandi e piccoli, sono un altro alimento con una dose non trascurabile di acrilammide. Le fette biscottate, tanto presenti sulle nostre tavole a colazione, sono un’altra fonte di questa molecola. Anche diversi pasticcini da forno, di produzione artigianale possono rappresentare un problema se consumati continuativamente. Il caffè, la bevanda calda più diffusa e bevuta in Italia, tende a contenerne alte dosi, specialmente in base al criterio di tostatura con il quale è stato prodotto. Nonostante ciò, sembra appurato che le dosi reali ingerite quotidianamente non siano ancora tali da indurre reali danni a tutti ed in modo sicuro”.

Quali danni può causare alla salute l’acrilammide alimentare?

“Gli studi sono ancora in corso, perché i danni sono stati dimostrati solo su modelli animali. Durante gli esperimenti, le cavie sono state esposte a dosi enormi di acrilammide che, in proporzione, noi umani non riusciremmo a mangiare. Per questo gli studi sono dubbi e bisogna pesare bene le parole. Una base di fondatezza c’è, ma manca il parametro “dose limite” per gli esseri umani. In linea di massima potrebbe indurre, a dosi molto elevate e continuative nel tempo, la formazione di cancro. Ma perché allora sentiamo così spesso parlare di acrilammide? Perché è presente in prodotti molto utilizzati quotidianamente, specialmente dai bambini. Essendo questa fascia di popolazione più leggera in termini di peso, a parità di cibo ingerito, introdurranno dosi maggiori di acrilammide. Dunque sono i bambini a rischiare una maggiore esposizione”.

L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato l’acrilammide tra i “probabili cancerogeni per l’uomo”, mentre l’EFSA (l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare) invita a limitarne il consumo. Esiste una dose tollerabile per l’organismo?

“La dose tollerabile non è ancora chiara, ma ci sono dei parametri di riferimento attualmente utilizzati in modo certo. Un limite suggerito per tentare di non incorrere in tumori è di 0,17 mg/Kg di peso corporeo/al giorno. Quindi una persona che pesa 70 Kg non dovrebbe assumere più di 11,9 mg di acrilammide se vuole minimizzare il suo rischio di esposizione. Questi dati però devono ancora essere validati in modo sicuro ed al momento sono solo un riferimento basato sulla prudenza. La soglia potrebbe essere molto più alta, così come più bassa. Non bisogna fare terrorismo mediatico, in quanto l’uomo assume acrilammide da sempre o almeno da quando è in grado di cucinare il pane, le patate ed altri prodotti a base amidacea su fiamma. Estremizzare alcuni pericoli può comportare forme ossessive di controllo della propria alimentazione, con conseguenze negative per la psiche”.

Eliminare del tutto questa sostanza dalla tavola è dunque impossibile. Ma possiamo limitarla, in che modo?

  1. “Preferendo le cotture brevi, in base liquida o al vapore (acqua, brodo, succo di limone e simili) in modo che la distribuzione del calore sugli alimenti sia più dolce ed uniforme.
  2. Cuocendo gli alimenti in modo uniforme, avendo la pazienza di rigirarli su ogni lato, senza carbonizzare un solo lato.
  3. Limitando il consumo di patatine fritte, salatini e snack da forno come cracker e fette biscottate. È possibile fare colazioni decisamente più sane con ingredienti diversi. Se prepariamo le patate in casa, controllare la temperatura dell’olio ed evitare che diventino marroncine.
  4. Limitando il consumo di prodotti da forno bruciacchiati, come pane dalla crosta molto scura, pizze troppo abbrustolite, verdure arrostite fino a carbonizzarsi.
  5. Assumendo dosi maggiori di antiossidanti con scopo preventivo. Frutta e verdura restano tra le migliori soluzioni in termini di prevenzione ai tumori. Consumiamo spesso broccoli, cavolfiore, insalate verdi e scure, pomodori ben cotti, mirtilli, kiwi, agrumi”.
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