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Musica e artigianato / Raffadali

Dai rami morti nascono strumenti musicali unici: Riky Ragusa regala una seconda possibilità agli scarti della natura

Il musicista di Raffadali è riuscito a ottenere oggetti che riproducono suoni assolutamente nuovi, creando un’esperienza di ascolto capace di “toccare l’anima dello spettatore”

E’ una forma di artigianato assolutamente unica nel suo genere: prendere un pezzo di legno destinato al macero - il ramo di un albero che è lo scarto di un intervento di potatura - trasformandolo in qualcosa che possiede un’anima: uno strumento musicale etnico capace di riprodurre un suono mai sentito prima, di raccontare un territorio e la natura che lo caratterizza.

L’artefice di tutto questo si chiama Riky Ragusa, musicista di Raffadali cresciuto all’ombra degli alberi di pistacchio, il frutto che identifica il suo paese. 

Riky Ragusa 2

Non solo un prodotto da mangiare e sul quale si basa un’importante fetta di economia raffadalese, ma qualcosa capace di trasformarsi in tutt’altro: uno strumento musicale in questo caso, un oggetto il cui suono è capace di toccare l’anima di chi ascolta. Un’esperienza nuova: la scoperta di uno stimolo sensoriale che rilassa. Si potrebbe collocare come l’ennesima espressione della corrente new age. Ma Riky Ragusa non si limita alla produzione dello strumento musicale fine a se stessa. In realtà il risultato del suo lavoro di artigiano diventa il pretesto per allestire uno spettacolo a tema che già da qualche tempo viene portato in giro. Sempre più spesso Riky propone esibizioni dal vivo, avvalendosi della presenza di altri musicisti, interamente dedicate all’esecuzione di brani con l’utilizzo di questi strumenti musicali ricavati dai rami di scarto degli alberi di pistacchio. E invita il pubblico ad ascoltare in una condizione di rilassamento totale: anche sdraiati per terra per rendere l’esperienza ancora più particolare. I suoi strumenti hanno nomi come “sitar” o “pistar”.

Sitar

“L’idea - spiega Riky Ragusa - è dare una possibilità a ciò che consideriamo ‘ultimo’, qualcosa che pensiamo non possa darci nulla, destinato all’oblio insomma. E invece dagli ‘ultimi’ possiamo ottenere tanto: anche ciò che riteniamo inutile o inutilizzabile spesso è solo frutto di un destino ingiusto che, sbrigativamente, ne decreta la fine. E invece, proprio dai materiali di scarto, nasce qualcosa di nuovo, di mai visto e mai sentito, addirittura capace di rappresentare un nuovo genere musicale grazie ad un suono che riconosci in mezzo a tutti gli altri”.

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