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Giovedì, 25 Aprile 2024
Animali / Sciacca

No, lo squalo verdesca che ha partorito sulla spiaggia non è stato salvato

Lo zoologo commenta il video virale sul web e smentisce la tesi del salvataggio. Ecco cosa non torna

Ha dato alla luce nove piccoli sulla battigia della spiaggia di San Giorgio, a Sciacca. Una femmina di squalo verdesca, con i suoi oltre due metri di lunghezza, mentre si trovava in enorme difficoltà senza riuscire a riprendere il largo. Spiaggiata, mezza dentro e mezza fuori dall’acqua. Quattro donne di passaggio hanno allertato la Guardia Costiera che l’ha letteralmente trainata più lontano dalla costa, con prole al seguito. Esulta il WWF: “Mamma e piccoli salvi grazie alle nostre volontarie, è una vittoria per tutti”. Eppure, la ricostruzione sembrerebbe non corrispondere ai fatti documentati dal video diventato virale sul web, pubblicato dall’associazione ambientalista stessa. Il perchè lo spiega a Today Alessandro De Maddalena, professore a contratto di Zoologia dei Vertebrati all'Università di Milano-Bicocca. “Una verdesca (Prionace glauca) che va a partorire fin sulla battigia, è un animale che non sta bene”, chiosa. “Impossibile dire quale sia stata la causa specifica. In alcuni casi le femmine gravide possono anche dare alla luce i loro piccoli quando siano moribonde. E infatti le dimensioni alla nascita dei piccoli sono normalmente tra 35 e 50 centimetri ma dalle immagini sembrerebbero più piccoli, quindi nati prematuramente. C'è da sperare che tutti e 10 gli esemplari siano effettivamente sopravvissuti”.

Ma la notizia sarebbe pessima per un motivo in più. Lo squalo azzurro, altro nome della verdesca, è classificato come “vulnerabile” di estinzione nel Mediterraneo a causa della pesca eccessiva. L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura ne stima un declino del 75% negli ultimi 30 anni. “E’ tra le specie in assoluto più colpite dalla pesca - prosegue De Maddalena - in particolare presa in numeri enormi come catture accidentali con i palangari pelagici, utilizzati principalmente per tonni e pesci spada. E’ impossibile formulare una stima degli esemplari. Per questa come per le altre 51 specie di squalo che vivono nelle nostre acque”. E per tutte, l’imputato è l’uomo. “L’aumento della popolazione umana dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e l'invasività crescente dei metodi di pesca hanno portato a questo triste risultato. Il futuro appare estremamente difficile per la sopravvivenza di questi predatori”. Che peraltro, contrariamente a quello che la cinematografia hollywoodiana ci ha spiegato, non costituiscono un pericolo. “Le verdesche sono classificate come animali potenzialmente pericolosi per il semplice fatto che sono tra le specie più distribuite a livello mondiale e più abbondanti. Quindi i casi di incontri con gli esseri umani sono estremamente più frequenti che con altre specie di squali. A questo si aggiunga che talora, specialmente gli esemplari di maggiori dimensioni, possono essere molto curiosi. Per investigare oggetti di potenziale interesse - specifica il naturalista - le verdesche spesso li sfiorano con il muso e talora li saggiano con la bocca, non necessariamente in maniera violenta. Ma la loro dentatura formidabile, particolarmente tagliente, è accaduto che in alcuni casi abbia fatto dei danni. Di norma non mostrano alcuna aggressività, gli incontri con questi squali sono semplicemente da gestire con attenzione. Nel caso specifico di una femmina in condizioni di salute precaria e forse moribonda poi, è evidente che non vi sia nulla da temere per le persone che la avvicinino”. Ancora una volta, ad essere in pericolo sono loro, non noi.

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