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Martedì, 23 Aprile 2024
Canicatti Canicattì

"Siamo andati per chiarire e ci hanno sparato addosso", in aula il racconto dell'agguato

Vincenzo Mongitore rivela: "Giuseppe Sorce era venuto a casa mia la sera prima a minacciarmi con la pistola"

“Giuseppe Sorce era venuto a casa mia sfondando il cancello con una pistola in pugno, cercava mio figlio e mi minacciò. L’indomani siamo andati per chiarire ma ci ha sparato addosso”. Giuseppe Mongitore, 62 anni, racconta la sua versione dei fatti, piuttosto originale, e nella sostanza tenta di discolpare il figlio Vincenzo, 33 anni. Entrambi sono accusati di tentato omicidio insieme al trentenne Sorce che avrebbe sparato al loro indirizzo.

L’agguato al centro del processo è avvenuto il 16 settembre del 2015. I Mongitore sarebbero andati nell’abitazione di Sorce, in contrada Coda Volpe, a Canicattì, per ucciderlo a colpi di pistola. Il movente non è mai stato accertato e peraltro nessuno di loro ha mai dato un contributo per fare chiarezza. Ieri mattina, dopo che all’udienza prececente il suo difensore, l’avvocato Calogero Meli, aveva chiesto un rinvio per problemi di salute dell’imputato, Vincenzo Mongitore è stato interrogato. “L’indomani insieme a mio figlio siamo andati a casa di Sorce per tentare di chiarire. Ho portato una pistola. Perché? Niente, - ha risposto al pm Salvatore Vella - per abitudine. Mio figlio non sapeva nulla, neppure che la sera prima era venuto Sorce a cercarlo”.

Mongitore, in maniera anche un po’ pittoresca, ha spiegato che non aveva alcun timore e che la pistola l’aveva trovata tanto tempo prima. “Venti anni fa in campagna l’ho vista e l’ho presa”. Il sessantenne racconta di essere andato a casa di Sorce, dove c’era anche un amico - il quarantaduenne Giovanni Milana - e aggiunge un particolare senza apparente senso. “Sfondarono la porta di casa di Sorce sparando. Ci hanno sparato addosso all’improvviso, - prosegue - gridava all’indirizzo di mio figlio l’insulto ‘infame di caserma”.

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