"Lascia il paese o ti squaglio, non è la prima volta che lo faccio": assolto presunto boss

“Non era la prima e nemmeno l’ultima volta” che faceva “sminchiare e squagliare” qualcuno. Per questo il “consiglio” sarebbe stato quello di andare via da Canicattì e lasciar perdere la figlia. Con queste parole l’imprenditore agricolo Mario Bartolotta, oggi settantenne, avrebbe intimidito il genero col quale erano sorti dei contrasti di natura familiare e avrebbe cercato di far valere il suo presunto spessore criminale già ipotizzato nell’inchiesta Alta mafia nell'ambito della quale fu arrestato e restò in carcere oltre tre anni per l’accusa di associazione mafiosa prima, però, di essere assolto. Anche in questo caso Bartolotta, che già in primo grado era stato scagionato dall’accusa di minaccia “perché – ha scritto il giudice Ermelinda Marfia nella sentenza – la frase non è tale da indurre timore”, ne è uscito indenne.

La Corte di appello, infatti, nonostante il procuratore generale avesse impugnato il verdetto chiedendo la condanna e definendo “bizzarra” la sentenza, ha confermato l’assoluzione come sollecitato dal difensore di Bartolotta, l’avvocato Daniela Posante, che aveva sostenuto, fra le altre cose, “che la denuncia arriva dopo circa un anno dai fatti e nel frattempo fra loro erano stati ripristinati pure rapporti normali”. Le presunte minacce di morte al genero, indirizzate attraverso il fratello di quest’ultimo per vendicare presunti contrasti fra lui e la moglie, figlia di Bartolotta, risalgono al 26 luglio del 2010, qualche anno dopo la scarcerazione del settantenne che figurava nella lista degli indagati – in tutto una cinquantina – dell’operazione “Alta mafia” che avrebbe disarticolato un complesso intreccio affaristico corruttivo fra Cosa Nostra, imprenditoria e pubblici funzionari.