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Papa Francesco ricorda il "giudice ragazzino": "Livatino servo di Dio"

Il pontefice ha incontrato la commissione antimafia in occasione dell'anniversario dell'uccisione avvenuta 27 anni fa per parlare della beatificazione del magistrato

Inizia con il ricordo del giudice Rosario Livatino l’importante incontro avvenuto questa mattina, per la prima volta nella storia, tra il Papa e la commissione antimafia. “Ricordo, in particolare, tre magistrati – ha esordito Francesco - il servo di Dio Rosario Livatino, ucciso il 21 settembre 1990; Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi 25 anni fa insieme a quanti li scortavano”.

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Il giorno non è casuale, proprio oggi ricorre l’anniversario della morte del “giudice ragazzino” e durante l’incontro, a cui ha assistito anche don Giuseppe Livatino si è parlato del processo di beatificazione del giudice ucciso sulla strada statale 640.

Il giorno della commemorazione

“Speriamo di vedere il giudice Livatino santo – ha dichiarato Rosy Bindi, presidente della Commissione, al termine dell’udienza – era un vero magistrato e un uomo di fede. Le sue parole sulla funzione del magistrato e sul rapporto tra diritto e fede cristiana sono un capolavoro e un manifesto che ci indica la strada con la quale un laico cristiano può davvero conciliare il Vangelo con la sua professione”.

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Il Papa ha parlato della mafia e dei beni confiscati: “L’Italia – ha dichiarato - deve essere orgogliosa di aver messo in campo contro la mafia una legislazione che coinvolge lo Stato e i cittadini, le amministrazioni e le associazioni, il mondo laico e quello cattolico e religioso in senso lato. I beni confiscati alle mafie e riconvertiti a uso sociale- ha aggiunto Francesco -  rappresentano delle autentiche palestre di vita.

27 anni dopo l'omicidio del giudice Livatino

Papa Bergoglio ha dedicato un pensiero anche ai testimoni di giustizia: “La lotta alle mafie passa attraverso la tutela e la valorizzazione dei testimoni di giustizia, persone che si espongono a gravi rischi scegliendo di denunciare le violenze di cui sono state testimoni”. “Va trovata una via – aggiunge - che permetta a una persona pulita, ma appartenente a famiglie o contesti di mafia, di uscirne senza subire vendette e ritorsioni”

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