A Racalmuto il convegno dibattito: "Le donne del ’68: gioia e rivoluzione"
Venerdì 5 ottobre 2018 all 17,30 alla Fondazione Leonardo Sciascia di Racalmuto si terrà il convegno Dibattito “Le donne del ’68: gioia e rivoluzione”.
L’iniziativa, organizzata dal Circolo Arci Arcobaleno di Racalmuto e dall’ANPI in collaborazione con il Centro Culturale Pier Paolo Pasolini di Agrigento, la Fondazione L. Sciascia e il Comune di Racalmuto vedrà la partecipazione di Graziella Priulla Sociologa della Comunicazione e Saggista. Dopo i saluti istituzionali del Presidente dell’ARCI Angela Maria Martorana e del Sindaco di Racalmuto avv. Emilio Messana sono previsti gli interventi di Giusi Carreca, Katia Farrauto e Giusy Mattina. Concluderà i lavori Angelo Lauricella Presidente dell’Anpi di Agrigento.
Fu in quel giro di anni – tra i Sessanta e i Settanta – che maturò un neofemminismo, distinto nei riferimenti teorici e nelle pratiche discorsive da un femminismo dell’emancipazione che sostanzialmente aveva segnato l’intera modernità, dagli albori illuministici al suffragismo ottocentesco e novecentesco. Era stato quello un movimento teso anzitutto alla conquista dei diritti civili e politici (di cui quello del voto fu simbolo) che aveva come retroterra il paradigma dell’uguaglianza, ovvero il raggiungimento della parità uomo-donna nella sfera economica, sociale, politica.
La dimensione emancipazionistica non si esaurì, anzi diede luogo ad una serie di conquiste normative e giuridiche che, per restare al solo ambito italiano, misero capo ad una nuova legislazione destinata a modificare profondamente la vita sociale e democratica del nostro paese. Dalla promulgazione della legge sul divorzio (1970) al nuovo diritto di famiglia (1975), dalla istituzione dei consultori familiari (1975), alla legge di regolamentazione dell’aborto del 1978, confermata con referendum nel 1981, alla legge del 1977 sulla parità nel lavoro. Basta una superficiale lettura dei “titoli” di questa normativa per rendersi conto che essa riguardava temi e problemi della condizione femminile e in generale della società, di diverso tenore, spessore, rilievo problematico. Certamente il legislatore seguì in qualche misura l’onda potente della rivolta e della discontinuità sessantottina, così come le diverse espressioni della società e le stesse formazioni politiche risposero con affanno alla pressione di questi “soggetti imprevisti” (i giovani e le donne) sulle strutture tradizionali che – dalla scuola alla famiglia – avevano retto e in qualche modo resistito alla turbolenta modernizzazione italiana del lungo dopoguerra. Tuttavia, riteniamo che non è solo e tanto a questo orizzonte della democrazia formale e della codificazione legislativa che occorre guardare per comprendere il “Sessantotto delle donne”