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Cronaca Ravanusa

Bastonate, pietrate e intimidazioni per un terreno: ridotte in appello tre condanne

Pene diminuite per effetto della riqualificazione di alcuni episodi, concessa la sospensione condizionale

Bastonate, pietrate e intimidazioni per convincerli a lasciare un terreno: la Corte di appello riduce le condanne. Sotto accusa Giuseppe Favarò, 50 anni, il figlio Antonino, 27 anni, entrambi di Campobello e Vincenzo Scaccia, 31 anni, di Canicattì. “Di qua ve ne dovete andare perché dobbiamo pascolare le nostre capre, se non ve ne andate con le buone vi facciamo andare con le legnate”.

E in effetti così sarebbe stato perché, alcuni giorni dopo, insieme a un altro pastore rumeno non identificato, ci sarebbe stato un pestaggio violento con bastonate e pietrate in cui le tre presunte vittime - padre e due figli - restarono feriti all’emitorace, al volto, all’addome e al torace mentre uno di loro riportò un trauma cranico. I giudici della prima sezione penale di Agrigento, il 17 giugno dell’anno scorso, hanno inflitto tre anni di reclusione a Giuseppe Favarò; 3 anni e 2 mesi al figlio Antonino e 2 anni e 8 mesi a Scaccia.

La Corte di appello, accogliendo in parte il ricorso degli avvocati Angela Porcello e Giovanni Salvaggio, ha riqualificato in termini di tentativo il reato di violenza privata aggravata, con esclusione dell’aggravante di avere commesso il fatto con armi o più persone riunite, e ha rideterminato la pena complessiva in un anno per Scaccia e un anno e sei mesi per i Favarò. I giudici hanno concesso la sospensione condizionale della pena. 

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