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Cronaca Porto Empedocle

"Allestirono tre centrali della droga", slitta avvio del processo per 26 imputati

Problemi nella composizione del collegio giudicante, un nuovo tentativo il 4 dicembre

Ancora problemi nella composizione del collegio giudicante che dovrà processare i ventisei imputati dell'operazione antidroga "Supermarket": un nuovo tentativo sarà fatto il 4 dicembre. Il blitz fu eseguito dai poliziotti del commissariato “Frontiera” di Porto Empedoche.

Gli imputati sono: Andrea Amato, 47 anni, Rosario Amato, 29 anni, Emanuele Amato, 22 anni, Loredana Prisma, 43 anni, Giuseppe Baio, 38 anni, Antonio Sorce, 21 anni, Francesco Di Grado, 33 anni, Francesco Lucchi, 49 anni, Gerlando Di Gerlando, 22 anni, Aristide Daino, 39 anni, Alfonso Alongi, 33 anni, Stefano Filippazzo, 33 anni (latitante), Francesco Fratacci, 26 anni, Ernesto Giardina, 36 anni, Pierluigi Aleo, 28 anni, Ignazio Mendola, 33 anni, Pietro Sacco, 29 anni, Luigi Pulsiano, 23 anni, Antonio Sacco, 21 anni, Carmelo Albanese, 44 anni, Giuseppe Angarussa, 33 anni, Emanuel Lombardo, 25 anni, Federico Alaimo, 32 anni, Calogero Trameli, 33 anni, Luigi Formica, 23 anni, e Alfonso Tuttolomondo, 21 anni. Gli imputati, tutti empedoclini, secondo il pm Antonella Pandolfi che ha condotto l’inchiesta, avevano allestito tre centrali della droga in un bar di Porto Empedocle, in una villetta pubblica e in una casa privata.

L’indagine è partita nei primi giorni del 2014. I poliziotti in 48 ore si imbattono in due episodi che denotano un fiorente consumo di droga in città. Il 2 gennaio viene arrestato il trentunenne Calogero Gallo Cassarino, sorpreso a spacciare droga per strada. L’operazione dei poliziotti, coordinati dal dirigente Cesare Castelli, consente pure di sequestrare sette dosi di cocaina, consegnati spontaneamente dal giovane nelle fasi dell’arresto prima che i poliziotti estendessero la perquisizione. L’episodio viene messo in relazione con un’altra operazione, eseguita due giorni prima quando l’empedoclino Carmelo Albanese, 43 anni, viene sorpreso mentre tenta di disfarsi di tre involucri contenenti cocaina gettandoli dal finestrino di un’auto in corsa. Gli inquirenti attivano delle “fonti confidenziali” che rivelano l’esistenza di un bar – il Pichos Cafè –, gestito dall’empedoclino Stefano Filippazzo, dentro il quale sarebbe stata allestita una vera e propria centrale dello spaccio destinata al mercato locale. La fonte indica pure una scalinata, adiacente alla villa comunale “Luca Crescente” dove Filippazzo avrebbe nascosto la droga per eludere i controlli. Le indagini, con intercettazioni e riprese video disposte dalla magistratura, hanno consentito di delineare anche il ruolo della famiglia Amato che avrebbe trasformato la propria casa in un market della droga. 

Dopo i rinvii a giudizio, la mancata nomina del nuovo presidente della prima sezione penale ha reso impossibile l'avvio del dibattimento. 

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