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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Porto Empedocle

Un "marinisi" alla Junior Casale, Pietro Scibetta: "Quel profumo di casa..."

Da Porto Empedocle fino a Casale Monferrato, passando per la Francia e per Milano. Il nostro volto della settimana è un giornalista e dirigente sportivo

Sei un imprenditore, uno studente, un pizzaiolo o anche un "cervello" in fuga?  Abbiamo deciso di dare voce agli agrigentini fuori sede. Le loro esperienze, i loro racconti e le loro storie possono essere da esempio per chi ha voglia di tornare o anche di restare. Dedicheremo uno spazio settimanale, un focus che serva a raccontare le vite ormai lontane dall’ombra della Valle dei Templi. Un microfono aperto a tutti, una volta a settimana. Se un agrigentino fuori sede? Raccontati ad AgrigentoNotizie. 

Una passione può diventare mestiere? A volte sì, altre volte anche. Il mestiere che diventa la tua passione, ma che poi ti porta lontano. Uno zaino pieno di pensieri ed una testa che ha scelto d’essere ambiziosa. Il volto della nostra settimana si chiama Pietro Scibetta, empedoclino che oggi ricopre il ruolo di team manager nella società di basket di Casale Monferrato, la Junior Casale che milita nel campionato di A2.

Scibetta, cresciuto all’ombra di un canestro, è un giornalista e scrittore. L’empedoclino è autore del libro: “Vincere non basta”, biografia del campione lituano Sarunas Jasikevicius, quattro volte vincitore dell’Eurolega. Domenica, Scibetta sarà in panchina con la sua Junior Casale, davanti a sé : la Fortitudo Agrigento. Un derby più che mai del cuore.

Raccontaci la tua storia

"Oggi vivo a Casale Monferrato, dove dalla scorsa estate occupo il ruolo di team manager della Novipiù, dopo aver lavorato per tanti anni come giornalista e quindi iniziato un percorso come dirigente nei club. Giochiamo lo stesso campionato e nello stesso girone della Fortitudo Agrigento, ho conosciuto questo club da avversario e ne ho sempre apprezzato la serietà e l’organizzazione, mi ha fatto molto piacere essere chiamato a lavorare lì. Da Agrigento e dalla Sicilia manco da poco, temporalmente, perché ci ero tornato nel 2016. Proprio a casa mia, a Porto Empedocle, lavorando nella Fortitudo, per poi spostarmi nella passata stagione a Capo d’Orlando. Se li conto bene sono a circa ventiquattro traslochi, ormai ci sono abituato"

- Perché hai scelto di lasciare Agrigento?

"Non fu una vera e propria scelta, nel senso che avevo tredici anni e seguii i miei genitori in Francia. Da lì in poi ho vissuto soprattutto a Parigi e Milano, dividendo praticamente a metà il tempo tra queste due città per circa ventidue anni. L’impatto con una grande capitale europea arrivando da Porto Empedocle non è stato morbido ma è stato quanto di meglio potesse capitare: ero grande abbastanza da avere la mia identità “marinisi”, che non ho perso e non voglio perdere per niente al mondo, ma anche giovane abbastanza da crescere in una situazione che poteva offrirmi praticamente tutto a partire da una cosa estremamente sottovalutata: la possibilità di muoversi da solo, a qualsiasi ora, sfruttando i trasporti pubblici. Quanto suona banale dire questo nel 2019? E quanto suona reale, invece, pensando a casa nostra? Muoversi è fondamentale: avere questa libertà permette di bussare a qualsiasi porta, permette di accendere nella mente l’interruttore della curiosità e di alimentarlo continuamente. Poi, di tutto ciò che si trova a Parigi, Milano eccetera, credo che non serva un riassunto in poche righe"

- Ti manca la tua città?

"Certo. A tutti manca la propria città, a me mancano i miei posti, la mia spiaggia, i miei bar… Insomma, le cose che ho riscoperto durante la mia annata agrigentina. Ne avevo bisogno, a 35 anni, di viverla da adulto. Essendo andato via molto presto tornavo solo per brevi vacanze ma la vita siciliana me l’ero sempre e solo fatta raccontare. Volevo sentirne il profumo, i sapori, assorbire quanto possibile di bello e anche di brutto, perché da tutto si impara".

- Cosa cambieresti di Agrigento? 

"Non il patrimonio artistico. Non la cucina. Non il paesaggio. Non il mare. Sono tutte cose che abbiamo ma che ci siamo trovati, oggi, da parte di chi ci ha preceduto o della Natura con la N maiuscola. Non abbiamo meriti particolari, anche se ci piace attribuirceli. Il merito sarebbe quello di rendere giustizia a tutto questo costruendo, con il nostro lavoro e modificando qualche abitudine cristallizzata, un modello virtuoso di società. Non esiste motivo al mondo per non riuscirci, salvo quello di non provarci nemmeno. ‘Tanto non cambia niente’. Si cambia, cambia tutto. Basta volerlo cambiare".

- Hai un consiglio per i giovani agrigentini?

"Non credete a chi vi dice che le cose non si possono fare. Non credete a chi dice che tanto vanno avanti solo i furbi o i raccomandati. Chi dice così è solo un ‘furbo’ o ‘raccomandato’ che non ha avuto ancora l’occasione di dimostrarlo. Siate migliori di un modo di pensare così piccolo, e fate quello che vi piace realmente, non quello che ‘si usa’".

-  Sogni di tornare?

"Naturalmente".

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