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Cronaca

"Militello non è capomafia", il tribunale del Riesame rigetta scarcerazione

Il cinquantenne, in particolare, avrebbe rivestito il "ruolo di componente della famiglia mafiosa di Agrigento-Villaseta, operando in particolare sotto la direzione di Antonio Massimino, quale suo uomo di fiducia"

Secondo i giudici del riesame, ci sono i gravi indizi di colpevolezza per il reato di associazione mafiosa ma non è, allo stato, sufficientemente provato che avesse un ruolo direttivo in seno a Cosa Nostra. Il tribunale della Libertà annulla, seppure in minima parte, l'ordinanza cautelare nei confronti di Liborio Militello, 52 anni, presunto braccio destro del capomafia Antonio Massimino, personaggio chiave della maxi operazione antimafia "Kerkent". I giudici, ai quali si sono rivolti i suoi difensori, gli avvocati Giovanni Castronovo e Chiara Proietto, hanno escluso sotto il profilo indiziario il ruolo di "capo" che viene formalmente contestato a Militello che resta in carcere per l'accusa di associazione mafiosa.

"Liborio Militello non è mafioso, non prende mai ordini da Antonio Massimino. Gli indizi a suo carico sono carenti e il provvedimento è poco motivato": così i suoi legali hanno provato a convincere i giudici ad annullare il provvedimento restrittivo. I difensori, giovedì mattina, hanno discusso il ricorso al tribunale della libertà chiedendo l'annullamento dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, eseguita lo scorso 4 marzo della Dia e firmata dal gip di Palermo. Militello, già condannato per tentata estorsione mafiosa in un'inchiesta nella quale è stato coinvolto lo stesso Massimino che, però, è stato assolto, è accusato di associazione mafiosa.

Il cinquantenne, in particolare, avrebbe rivestito il "ruolo di componente della famiglia mafiosa di Agrigento-Villaseta, operando in particolare sotto la direzione di Antonio Massimino, quale suo uomo di fiducia incaricato della materiale commissione di attività illecite funzionali ad assicurare alla consorteria il controllo del territorio e delle attività produttive nonché assicurando il collegamento con esponenti di altre famiglie mafiose". Contro di lui, fra le altre cose, pesano le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta che descrive Militello come un "estorsore di professione".

"Dalle indagini, in realtà, non emergono mai - avevano replicato gli avvocati della difesa - elementi a suo carico così forti. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta non sono così precise, mancano i riscontri e, comunque, lo accusa solo di estorsione e non di associazione mafiosa. Non ci sono mai passaggi chiari dai quali si evince che Massimino gli dia ordini». I difensori, infine, avevano chiesto l'annullamento sotto un profilo formale sostenendo che "il provvedimento restrittivo è scarsamente motivato e si limita a riportare la richiesta del gip senza un'adeguata motivazione autonoma". Ma a reggere è stato, nella sua centralità, il costrutto accusatorio.

Il tribunale del riesame, due giorni dopo l'udienza, ha depositato l'ordinanza che conferma - come avvenuto per la quasi totalità dei provvedimenti cautelari - la decisione del gip. Nei prossimi mesi, dopo il deposito delle motivazioni, l'inchiesta passerà al vaglio cautelare della Cassazione.

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