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Venerdì, 29 Marzo 2024
Mafia Favara

Quaranta è stato "posato", cresce la preoccupazione per i figli: "In Cosa Nostra c'è sempre un trageriaturi"

Il neo collaboratore di giustizia racconta ai magistrati della Dda: "Ero sempre in guardia, se vedevo qualche macchina sospetta cercavo di capire se erano poliziotti o se era gente che cercava me"

"Allora vi spiego una cosa, quando uno è dentro Cosa Nostra che fa le cose ... che fa le cose c'è sempre l'invidioso che cerca di livaricci a terra di sutta pi fallu cadiri ... c'è sempre un invidioso, un trageriaturi ca cummina tragedie: chiddru è sbagliatu, fici sta cosa, fici ddra cosa, i soldi un arrivaru ... su tutti ... tutti cazzati ... perché non può lei .. se lei prende soldi, ne prende 2000 e cincucentu mi li mettu 'nsacchetta e millecincu li dugnu per l'organizzazione questo si può fare, perché è giustificabile, ma c'è gente ca magari non fa capire ... non fa capire che si prende i soldi e se li tiene in tasca. Poi si viene a sapere e questo è male". Sono le 12,45 dello scorso 29 gennaio quando il neo collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta, davanti ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, fa mettere questo racconto a verbale. 

"Mi volevano uccidere, temevano che potessi collaborare con la giustizia"

I magistrati chiedono: "Ma questo lei lo sta comprendendo perché ha letto le carte, no?". "Sì" - ammette il favarese cinquantenne - . Quaranta, secondo quanto è emerso dall'inchiesta antimafia denominata "Montagna" e per sua stessa ammissione, è stato "posato" nel 2014. E' dunque rimasto tre anni libero, senza far più parte dell'organizzazione. Il Pm chiede: "Non aveva paura che la facessero fuori?".

L'intercettazione: "Non deve camminare più" 

"Me la sono presa come liberazione, nel frattempo mi sono presa come riflessione - spiega, in uno stentato italiano, il pentito Giuseppe Quaranta - . Ho detto ai miei figli e se qualcuno magari cercava di avvicinarli o di portarli di farmi sapere subito, di chiamarmi al telefonino di dirmi...".

"Ho rovinato la mia famiglia"

"Comunque li ha messi in guardia" - constata il sostituto procuratore della Dda di Palermo - . "Sì, però io, se voi vedete le mie telefonate ai miei figli - spiega Quaranta - sempre gli domandavo dove sei? con chi sei? La preoccupazione c'è sempre, perchè qualche cretino di turno c'è sempre per fare qualcosa .. ma non più di tanto, perché essendo che il discorso è... essendo che uno non si immischia in nessuna parte ... anche se veniva qualcuno anche mandato da loro, per ipotesi un'impresa: 'Sa Pè stu travagghiu fora esternu na stu paisi ... chi fa tu no ... iu ci diciva iu un pozzu fari nenti, non mi interessa niente, fatti nantra strada, unnipozzu iri? unnu sacciu ... dicemu la prova c'era ... loro la cercavano si in sottobanco che facevo qualche cosa, siccome non mi interessava più e non mi interessa più ho deciso di di tagliare totale anche a seguire le conseguenze. Però siccome il mio comportamento era neutro - prosegue il racconto del pentito di Favara - anche che se ci vedevamo ni salutavamu al bar, evitavamo di entrare nello stesso bar ... però ero sempre in guardia, sempre stavo a vedere un po' i movimenti che facevano ma non perchè mi interessava quello che facevano ... se vedevo qualche macchina sospetta sempre ero in guardia per capire un po se erano poliziotti se era gente che cercava me, mi segue?".

ECCO TUTTI GLI APPROFONDIMENTI

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"Mi volevano uccidere, temevano che potessi parlare"

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