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Venerdì, 29 Marzo 2024
Mafia Campobello di Licata

"Ha fatto da prestanome all'ex marito Calogero Falsone", sequestro di beni per "madame Gennet"

I giudici della sezione misure di prevenzione mettono i sigilli a un immobile in provincia di Livorno, acquistato dalla trentottenne eritrea

Un nuovo sequestro di beni ai danni della famiglia dell’ex numero due di Cosa Nostra, Giuseppe Falsone, arrestato il 25 giugno del 2010 a Marsiglia. I giudici della prima sezione misure di prevenzione hanno fatto requisire un immobile in provincia di Livorno, acquistato formalmente da Ganat Tewelde Barhe, 38 anni, eritrea, ex moglie di Calogero Falsone, fratello del boss, attualmente in carcere per scontare una condanna a 14 anni e 6 mesi di carcere per il tentato omicidio di un romeno al quale avrebbe scaricato un caricatore addosso al culmine di una serie di contrasti legati all’uso di un terreno per il pascolo. Ganat, oltre dieci anni fa, con il soprannome di “Madame Gennet” fece parlare di sé per la particolare storia personale che stava dietro al matrimonio col fratello dell’allora superlatitante che, quando fu catturato in Francia, dove si era rifatto una vita e anche un nuovo volto grazie a una maschera facciale, era ritenuto il numero 2 di Cosa Nostra siciliana. Ganat, implicata in una vicenda giudiziaria di traffico di clandestini, conobbe Calogero Falsone per avere trascorso un periodo di detenzione insieme alla sorella Maria Rita nel carcere di Agrigento. La “regina dei mercanti di schiavi”, così era soprannominata prima del suo arresto, uscì dal carcere nel 2006 dopo 2 anni e 6 mesi di detenzione. 

Adesso, secondo quanto ipotizza un’indagine della Dda, condotta nel 2014 dai pm Vittorio Teresi e Rita Fulantelli e approdata solo ora in aula, la donna avrebbe fatto, sostanzialmente, da prestanome a Calogero Falsone.

La Dda, adesso, sostiene che i redditi coniugali di Calogero Falsone e dell’eritrea non giustificano l’acquisto dell’immobile in Toscana, precisamente a Collesalvetti, in provincia di Livorno, pagato 25.000 euro, all’incirca un anno prima del loro divorzio, nel 2011. Per questo, ne è stato disposto il sequestro. Rigettata, invece, la richiesta di requisire un’azienda agricola, sempre intestata alla donna ma del tutto inattiva, e alcuni rapporti bancari “dei quali – sottolineano i giudici – non si ha contezza di eventuali saldi attivi dai quali desumere acquisizioni illecite”.

La prima udienza era in programma ieri ma è stata rinviata al 21 dicembre per una mancata notifica al difensore di Falsone, l’avvocato Angela Porcello.

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