"Nell'attentato incendiario allo zio di uno di loro morì la nonna", i medici li scagionano
I periti sono sicuri: "Aveva un grave enfisema ed è morta per questo, il fumo non c'entra"
Non c’è alcun nesso fra il fumo provocato dall'incendio e la morte dell’ottantenne Alessandra De Simone. È quanto hanno sostenuto in aula il medico legale Giuseppe Ragazzi e il chirurgo toracico Carmelo Corrado Riscica Lizzio, i periti incaricati dalla Corte di assise di Agrigento, presieduta da Luisa Turco, di fare luce sul grande interrogativo del processo a carico di due giovani accusati dell'omicidio volontario dell'anziana.
Il dibattimento, finora, non aveva chiarito in maniera certa se, a ucciderla, è stato l'incendio appiccato dagli imputati o le possibili patologie pregresse della donna. I dubbi non erano stati sciolti dai medici curanti dell'anziana, chiamati all'ultima udienza a dare la loro versione. Ieri, in aula, è arrivata la risposta, del tutto netta e tranciante. “Aveva un grave enfisema ed è morta per questo, il fumo non può neppure avere inciso perché in questi casi o si muore subito e non succede nulla”. Il processo è quello a carico dei licatesi Andrea Sanfilippo, 26 anni, e Ignazio Callea, 27 anni, accusati dell'omicidio dell'anziana, nonna del primo.
I due pregiudicati furono arrestati il 30 agosto del 2009, perché, con l’obiettivo di costringere lo zio di Sanfilippo a pagare delle somme di denaro, gli avrebbero incendiato l’automobile, posteggiata in via Gioberti, a Licata. Il fumo provocato dal rogo, invece, invase l’abitazione della donna che fu ricoverata e morì dopo cinquanta giorni di agonia. Si torna in aula il 31 gennaio con la requisitoria del pm Gloria Andreoli e le arringhe difensive degli avvocati Calogero Meli e Giuseppe D'Aquì. L'esito del processo, tuttavia, appare scontato sulla base della perizia medico legale.