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"Nessuna motivazione sulle condotte minacciose", la Cassazione fa scricchiolare le accuse al presunto braccio destro del boss

La Suprema Corte ha depositato le motivazioni dell'ordinanza con cui dispone un nuovo passaggio al riesame per valutare la posizione del 47enne Raimondo Semprevivo: apertura a una possibile derubricazione

"Data per accertata l'evoluzione dei fatti, che indubbiamente integrano la gravità indiziaria circa il ruolo materiale ricoperto da Raimondo Semprevivo e da Angelo Occhipìnti nella vicenda, ritiene la Corte che ci si trovi in presenza di una carenza motivazionale del provvedimento impugnato che non consente di risolvere i punti nodali della stessa incidenti sulla qualificazione giuridica delle condotte descritte".

La Cassazione - che nelle scorse settimane aveva disposto un annullamento con rinvio dell'ordinanza cautelare a carico dell'imprenditore quarantasettenne, finito in carcere nell'operazione antimafia "Assedio", lo scorso 12 luglio, con l'accusa di estorsione aggravata ai danni del titolare di una ditta - ha depositato le motivazioni del provvedimento.

Semprevivo, in particolare, nel 2018, aveva un credito di 10.000 euro nei confronti un imprenditore alle cui dipendenze aveva lavorato, in Germania, senza essere retribuito. Per ottenere i soldi avrebbe fatto, quindi, intervenire il capomafia Angelo Occhipinti, compagno della madre. I carabinieri documentano un incontro, filmato con le telecamere nascoste, che produce un accordo, utile solo in parte: l'imprenditore, infatti, gli dà solo la metà dei soldi richiesti.

I difensori di Semprevivo, gli avvocati Angela Porcello e Giovanni Castronovo, hanno chiesto l'annullamento dell'ordinanza (due settimane dopo, è stato emesso un secondo provvedimento col quale si dispone il carcere per l'accusa di associazione mafiosa e, in particolare, di essere stato il braccio destro dello stesso Occhipinti) e la Cassazione, disponendo un nuovo passaggio al riesame, indica i punti da chiarire aprendo le porte a una possibile riqualificazione del reato.

"Nulla hanno detto i giudici - scrive la Suprema Corte - in ordine alla condotta minacciosa o violenta da parte del presunto creditore e da parte del terzo estraneo al rapporto obbligatorio in danno della persona offesa. L'incontro del 31 marzo 2018 , per come descritto, risulta essersi svolto nella massima tranquillità". 

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