Salvini firma il divieto di ingresso: no acque italiane per la Sea Watch3
La portavoce della Ong: "Uno dei naufraghi ha raccontato di essere stato costretto a seppellire cadaveri per preparare il centro di detenzione"
"Ho appena firmato il divieto di ingresso, transito e sosta alla nave Sea Watch 3 nelle acque italiane, come previsto dal nuovo secreto Sicurezza. Ora il documento sarà alla firma dei colleghi ai Trasporti e alla Difesa: stop ai complici di scafisti e trafficanti". Lo scrive, postando anche una foto, su Twitter il ministro dell'Interno Matteo Salvini.
"Sea Watch3" a 15 miglia da Lampedusa appende gli striscioni: "Aprite i porti"
Per la seconda notte consecutiva, intanto, la "Sea Watch 3" è rimasta al confine con le acque territoriali italiane, a circa 16 miglia da Lampedusa. Da due
giorni la nave "pendola", come si dice nel gergo marittimo, ossia fa avanti e indietro.
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I racconti dei naufraghi
"Le persone a bordo ci hanno raccontato di aver trascorso lunghi periodi di detenzione in Libia e di aver subito vessazioni inenarrabili. Uno dei naufraghi ha raccontato di essere stato costretto a seppellire cadaveri per preparare il centro di detenzione alla visita di operatori esterni cercando di renderlo più presentabile. Questa è la Libia, il paese in cui ci viene indicato di portare le persone soccorse: non lo faremo mai". Lo ha detto, in un video, su Twitter, la portavoce della Ong Sea Watch Giorgia Linardi.
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"Anche il più piccolo dei minori non accompagnati, che ha solo 12 anni, è stato imprigionato senza un valido motivo. Un'altra persona - ha aggiunto Linardi - ha raccontato di essere stata venduta, pare, peraltro, a un ufficiale del governo e di essere stato costretto a prestare manodopera gratuita: ha lavorato come servo per potersi comprare la libertà ed essere messo su un gommone". Tutte le volte che i naufraghi sono ricondotti in Libia "vengono di nuovo
imprigionati". Alla vista della motovedetta libica "sono terrorizzati". "Un'altra persona - prosegue - ha raccontato che il familiare gli è stato ucciso davanti agli occhi con un colpo di kalashnikov, sempre in detenzione". "Noi non riporteremo mai nessuno in un Paese dove alle persone è riservato questo trattamento - ammonisce Linardi -. Ci aspetteremmo che i nostri governi si impegnassero perché questo non avvenga invece di alimentare la spirale del traffico permettendo che queste persone che tentano di scappare dalla Libia siano riportate indietro, torturate, seviziate. E se sopravvivono... di nuovo ributtate in mare per essere poi riportate indietro. Finché non periscono".
Controllo sanitario a bordo della Sea Watch
"Il centro nazionale di coordinamento del soccorso in mare di Roma ha annunciato un controllo sanitario a bordo. Ci stiamo avvicinando alla posizione dell'incontro, in acque internazionali davanti a Lampedusa". Lo scrive Sea Watch in un post su Twitter che torna a chiedere un porto sicuro per lo sbarco dei 52 immigrati: "Tutti loro - si legge - hanno bisogno di protezione, tutti hanno bisogno di avere la terra sotto i piedi".