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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Lampedusa e Linosa

"Gettarsi in mare era speranza di vita": ecco perché si è arrivati allo sbarco dei migranti dalla Open Arms

La relazione fatta dai due consulenti della Procura, fra cui una psicologa, è finita nel provvedimento di sequestro della nave che sta già facendo rotta verso Porto Empedocle

Gettarsi in mare rischiando anche di morire "era speranza di vita", i naufraghi della Open Arms erano "in condizioni emozionali estreme" e in base alla "situazione psicotica" c'era "un rischio individuale e collettivo". Sono state queste alcune delle valutazioni, dopo l'ispezione realizzata dallo staff di medici e dal procuratore capo Luigi Patronaggio, che hanno portato allo sbarco degli 83 migranti rimasti sulla nave della Ong spagnola. La relazione fatta dai due consulenti della Procura, fra cui una psicologa, è finita nel provvedimento di sequestro della nave. Nave, sotto sequestro preventivo, che ha già lasciato Lampedusa per raggiungere, così come era stato già ipotizzato ieri sera, Porto Empedocle dove giungerà nel pomeriggio. L'imbarcazione, per i Pm, poteva rimanere a Lampedusa, ma si sarebbero determinati problemi per i collegamenti aerei e con i traghetti di linea a causa della vicinanza del molo con l'aeroporto. La Open Arms poteva anche andare a Licata, come è accaduto in occasione di precedenti sequestri di navi di Ong, o a Porto Empedocle su cui è ricaduta la scelta.

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Il procuratore Patronaggio, dopo che una decina di migranti (complessivamente, durante la giornata, sono stati 15 a tuffarsi) si erano gettati in mare e avevano provato a raggiungere cala Francese a nuoto, non ha esitato un attimo a mettersi sull'elicottero della Guardia costiera e a raggiungere Lampedusa prima e l'Open Arms immediatamente dopo. E, prima della partenza, il capo dei Pm aveva parlato di "situazione è esplosiva" e aveva evidenziato "impegno e attenzione massimi per l'incolumità delle persone”.

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Secondo i consulenti della Procura, le funzioni psichiche dei migranti che erano rimasti a bordo della Open Arms risultavano essere "fortemente sollecitate da condizioni emozionali estreme in un clima di altissima espressione", senza possibilità di "arginare o contenere situazioni di dissociazione nevrotica o psicotica". Notte tranquilla, però, quella trascorsa - la prima sulla terraferma dopo almeno 19 giorni - all'hotspot di contrada Imbriacola. I naufraghi sono stati visitati da due medici del Poliambulatorio più altri due inviati dell'Asp di Palermo a supporto: un dermatologo e un ginecologo. Per nessuno degli 83 è stato necessario fare accertamenti perché le loro condizioni sanitarie sono state giudicate buone. 

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I commenti 

"Siamo felici che l'odissea dei naufraghi a bordo di Open Arms sia giunta alla conclusione. Ci sono voluti 20 giorni perché fosse loro concesso di sbarcare nell'unico porto possibile secondo la legge: quello sicuro più vicino". Lo scrive, su Twitter, Mediterranea Saving Humans. "20 giorni di soprusi e propaganda sulla pelle di persone in fuga dalla guerra, di sospensione dello stato di diritto - ha continuato - . Di nuovo le navi della società civile hanno difeso il diritto e tutelato i diritti umani che i governi europei, invece, continuano a violare. Benvenuti in Europa".

"Siamo sollevati che le 83 pers a bordo della Open Arms siano finalmente in un posto sicuro. Speriamo che la nave torni in mare al più presto. Una situazione così drammatica non deve ripetersi. 356 persone sono ancora bloccate a bordo della Ocean Viking da 1 settimana. Devono sbarcare ora" - ha scritto invece, sempre su Twitter, l'organizzazione umanitaria Sos Mediterranee - .

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