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Cronaca

Il fermo dei 3 carcerieri, i racconti: "Hanno sparato alle gambe a un nigeriano, colpevole di aver preso un pezzo di pane"

Uno dei sopravvissuti: "Ho avuto modo di vedere che, tante volte, nel corso della giornata, le donne venivano prelevate per essere violentate. Da questa prigione si usciva solamente se si pagava il riscatto. Chi non pagava, per sollecitare, veniva ripetutamente picchiato e torturato”

“Ho subito delle vere e proprie torture che mi hanno lasciato delle cicatrici sul mio corpo. Specifico che sono stato frustato tramite fili elettrici. Altre volte preso a bastonate, anche in testa”“Le condizioni di vita all’interno di questo carcere erano dure. Ci davano da mangiare solo una volta al giorno e ciò non bastava per placare la nostra fame, mentre l’acqua era razionata e non era affatto potabile, poiché bevevamo l’acqua del rubinetto del bagno. Tutti i giorni venivamo, a turno, picchiati brutalmente dai nostri carcerieri. Anche io, inauditamente e senza alcun pretesto, sono stato più volte picchiato e torturato da Ossama con dei tubi di gomma che mi hanno procurato delle vistose e doloranti lesioni in più parti del corpo. Tanti altri migranti subivano torture e sevizie di ogni tipo”. Sono queste alcune delle dichiarazioni, messe a verbale dai poliziotti della Squadra Mobile di Agrigento che s'è occupata dell'inchiesta che ha portato al fermo - disposto dalla Dda di Palermo - dei tre presunti carcerieri. I tre fermati sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di persone, alla violenza sessuale, alla tortura, all'omicidio e al sequestro di persona a scopo di estorsione.

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“Ho avuto modo di vedere che i carcerieri erano soliti picchiare noi migranti tramite bastoni di ferro e legno, pugni e pedate. Le condizioni di vita all’interno di questo carcere erano dure. Ci davano da mangiare solo due volte al giorno, solamente pane unito alla zuppa, che ci davano solamente la sera, ciò non bastava a placare la nostra fame. Mentre per bere dovevamo utilizzare l’acqua salmastra e sporca del rubinetto dei bagni. Tutti i giorni venivamo, a turno, picchiati brutalmente dai nostri carcerieri. Personalmente sono stato picchiato, per ben due volte, da Mohammed, l’egiziano. Il motivo era da ricondurre al fatto che noi dovevamo pagare il riscatto per la nostra liberazione” - ha raccontato, sempre ai poliziotti della Squadra Mobile di Agrigento che si sono occupati dell'inchiesta, un altro immigrato - . “Durante la mia detenzione all’interno di questo carcere ho visto morire tanta gente, in particolare due fratelli della Guinea che sono deceduti a causa delle ferite non curate, subite durante le violenze nei loro confronti. Voglio precisare - ha riferito un altro extracomunitario - che con me all’interno di quel carcere un’altra mia sorella di nome 'Nadege', putroppo è deceduta li dentro a causa di una malattia non curata. Mia sorella aveva al seguito le due figlie di 7 e 10 anni che sono ancora detenute li dentro. Ho visto che molte donne venivano spesso violentate da Ossama e dai suoi seguaci”.

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“Ci davano da mangiare solamente pane e qualche volta pasta. Per bere utilizzavamo l’acqua dei bagni. Tutti noi venivamo spesso picchiati, anche duramente. Se sbaglia uno, venivamo picchiati tutti, in modo tale da dare un chiaro esempio a tutti - ha riferito un altro immigrato - . Io sono stato picchiato più volte, anche senza alcun motivo apparente. Noi migranti venivamo picchiati tramite un tubo di gomme che ci procurava tante dolore e, alcune volte, anche delle ferite. Personalmente, all’interno di quel carcere, ho avuto modo di vedere che un migrante è deceduto a causa della fame. Era malnutrito e nessuno prestava a lui la necessaria assistenza. Ho visto, anche, tanti altri migranti ammalati che non venivano sottoposti alle cure necessarie. Ho visto che un carceriere, tale Mohammed l’egiziano, una volta, - ha aggiunto - ha sparato e colpito alle gambe un nigeriano, colpevole di aver preso un pezzo di pane. Ho avuto modo di vedere che, tante volte, nel corso della giornata, le donne venivano prelevate dai carcerieri per essere violentate. Da questa prigione si usciva solamente se si pagava il riscatto. Chi non pagava, al fine di sollecitare il pagamento, veniva ripetutamente picchiato e torturato”.

Agli atti della Squadra Mobile e della Dda di Palermo anche quest'altra dichiarazione: “Le condizioni di vita all’interno di questa prigione era durissime. Io non sono stata oggetto di violenza da parte dei carcerieri, anche se ho avuto modo di sentire che diversi migranti sono stati picchiati. Ho visto che tanti migranti malati non venivano curati. Non so se poi gli stessi siano deceduti o meno. Noi donne eravamo messe in disparte. Alla fine, io e mio marito, siamo usciti dal carcere perché abbiamo pagato il riscatto”

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