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Cronaca Favara

Pestaggio mortale per un rimprovero, scontro sul rito per gli imputati

La querelle fra pm, difesa e parte civile dopo il cambio del giudice davanti al quale si celebra il processo

Scontro fra difesa, pm e parti civili sulla strategia processuale, e in particolare sugli atti acquisiti in precedenza, dopo il cambio del giudice. L’udienza preliminare per il presunto pestaggio di Bennardo Chiapparo, morto a 68 anni il 10 febbraio del 2015, 9 giorni dopo avere battuto la testa per terra a causa – secondo l’accusa – di un violento pugno al torace ricevuto in una brutale spedizione punitiva, era ripartito davanti al gup Luisa Turco dopo il trasferimento alla presidenza della prima sezione penale del giudice Alfonso Malato. La difesa dei quattro imputati, gli avvocati Alfonso Neri e Salvatore Pennica, che aveva già formalizzato la richiesta di giudizio abbreviato, non ha cambiato strategia processuale ma ieri si è registrato lo scontro fra le parti in causa legato all’utilizzabilità di alcuni atti e in particolare di una consulenza medica redatta per conto di un imputato. La difesa non vuole rinunciare al suo utilizzo anche dopo il cambio del giudice.

La questione resta aperta e sarà discussa il 21 gennaio. Nell'ambito dell'inchiesta, il 5 dicembre di due anni fa, erano finiti in carcere Antonino Pirrera, favarese di 40 anni, principale indagato. Domiciliari, invece, per Giovanni Ruggeri, 43 anni, Carmelo Pullara, 27 anni, e Michele Sorce, 34 anni, tutti di Favara. L’accusa ipotizzata per tutti è di omicidio preterintenzionale. Il tribunale del riesame, al quale si erano rivolti i difensori aveva comunque annullato l’ordinanza rimettendoli tutti in libertà e sostenendo che la ricostruzione dei fatti, basata quasi esclusivamente sul racconto dei figli di Chiapparo, fosse incerta e lasciasse molti dubbi. Peraltro uno dei figli della vittima in un primo momento ha mentito dicendo che il padre era caduto per terra a causa di uno svenimento. Chiapparo sarebbe morto per un brutale pestaggio, una vera e propria spedizione punitiva generata dal fatto che – secondo l’ipotesi degli inquirenti – aveva dato uno schiaffo al figlio minorenne di uno dei quattro indagati – Pirrera – che per questo avrebbe organizzato la rappresaglia.

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