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Cronaca Favara

"Pestaggio mortale per un rimprovero", slitta il confronto fra consulenti

Il medico legale Paolo Procaccianti non si è presentato per un impegno professionale, si torna in aula il 23 febbraio

Il medico legale Paolo Procaccianti non si presenta per un impegno di natura professionale e slitta il confronto fra consulenti tecnici al processo per il presunto pestaggio di Bennardo Chiapparo, morto a 68 anni il 10 febbraio dell’anno scorso, 9 giorni dopo avere battuto la testa per terra a causa – secondo l’accusa – di un violento pugno al torace ricevuto. 

Nell'ambito dell'inchiesta, il 5 dicembre dell'anno scorso, erano finiti in carcere Antonino Pirrera, favarese di 40 anni, principale indagato. Domiciliari per Giovanni Ruggeri, 43 anni, Carmelo Pullara, 27 anni, e Michele Sorce, 34 anni, tutti di Favara. L’accusa ipotizzata per tutti è di omicidio preterintenzionale. In un primo momento erano contestate le lesioni ai danni di uno dei figli di Chiapparo che si fratturò un braccio nelle fasi della presunta aggressione: il pm ha poi cancellato questo capo di imputazione ritenendo di rafforzare l’accusa di omicidio preterintenzionale.

Il tribunale del riesame, al quale si erano rivolti i difensori, gli avvocati Alfonso Neri e Salvatore Pennica, aveva comunque annullato l’ordinanza rimettendoli tutti in libertà e sostenendo che la ricostruzione dei fatti, basata quasi esclusivamente sul racconto dei figli di Chiapparo, fosse incerta e lasciasse molti dubbi. Peraltro uno dei figli della vittima in un primo momento ha mentito dicendo che il padre era caduto per terra a causa di uno svenimento.

Chiapparo sarebbe morto per un brutale pestaggio, una vera e propria spedizione punitiva generata dal fatto che – secondo l’ipotesi degli inquirenti – aveva dato uno schiaffo al figlio minorenne di uno dei quattro indagati – Pirrera – che per questo avrebbe organizzato la rappresaglia. Chiapparo, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe aggredito il ragazzino perché gli aveva preso a calci, insieme ad alcuni coetanei, l’insegna del suo autolavaggio. All’uscita del bar, dove Pirrera aveva saputo dal figlio dell’episodio, avrebbe incontrato gli altri tre amici. A quel punto le versioni di accusa e difesa sono diametralmente opposte. Secondo la Procura e il gip, che ha firmato l’ordinanza cautelare, avrebbero organizzato una vera e propria spedizione punitiva andandolo a cercare a casa e chiedendo con una scusa al figlio di chiamarlo. Poi Pirrera lo avrebbe colpito improvvisamente con un pugno al torace che gli provocò la caduta per terra. L’aggressione, nella quale sarebbe stato aiutato dagli amici, sarebbe proseguita anche dopo. L’indagine, però, parte male perché uno dei due figli presenti in un primo momento ha mentito ai carabinieri dicendo che il padre era caduto per terra per uno svenimento. Solo dopo farà marcia indietro. Diametralmente opposta la versione di Pirrera, confermata dagli altri tre indagati. “È stata una tragedia, io volevo solo parlare e lui mi ha aggredito scagliandomi contro i suoi pitbull che mi hanno morso. Ero al bar e ho visto arrivare mio figlio con i vestiti strappati, – ha aggiunto Pirrera – gli ho chiesto cosa fosse successo. Mi ha detto che un pazzo lo aveva aggredito e che stava finendo sotto una macchina nel tentativo di fuggire”. Due versioni inconciliabili fra loro che presto si scontreranno al processo. 

Ieri, davanti al gip Alfonso Malato, era in programma il confronto fra tutti i consulenti ma è stato rinviato di tre settimane.

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