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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Favara

L'omicidio di Teresa Costanza e Trifone Ragone, ergastolo per Giosuè Ruotolo

La sentenza di primo grado condanna il militare campano al carcere a vita e all'isolamento diurno per due anni

Ergastolo e isolamento diurno per due anni, interdizione perpetua dai pubblici uffici, spese processuali e risarcimenti accessori. È questo il verdetto della Corte d'Assise del tribunale di Udine per Giosuè Ruotolo, il militare campano di 28 anni, unico imputato nel processo per il duplice omicidio della coppia di fidanzati Teresa Costanza, trentenne, originaria di Favara, e Trifone Ragone, uccisi a colpi di pistola nel parcheggio del palazzetto dello sport di Pordenone la sera del 17 marzo 2015. 

La decisione dei giudici

La sentenza di primo grado non lascia spazio a dubbi: Giosuè Ruotolo è l’uomo che ha spezzato le giovani vite di Teresa e Trifone. Lo ha fatto con un movente preciso e con tanto di premeditazione. A nulla sono valse le argomentazioni della difesa che ha sempre sostenuto l’innocenza di Giosuè Ruotolo, chiedendone l’assoluzione. Solo ieri, infatti, l’avvocato Giuseppe Esposito, uno dei legali dell’imputato, aveva ribadito di «credere fermamente che Giosuè Ruotolo fosse un detenuto innocente e trattenuto per un fatto che non aveva commesso». Una replica che non deve aver convinto i giudici, visto che la corte ha anche deciso di accettare le richieste da parte del pubblico ministero Pier Umberto Vallerin.

Una sentenza che arriva dopo anni difficili e tormentati per i parenti delle due giovani vittime, che non sono riusciti a trattenere le lacrime nel momento della lettura del verdetto finale. 

La vicenda 

I corpi senza vita di Teresa (30 anni), originaria di Favara, e Trifone (28 anni) erano stati trovati all’interno della loro auto parcheggiata vicino al palasport di Pordenone la sera del 17 marzo del 2015. Ad ucciderli cinque colpi di pistola - tre per lui e due per lei - sparati da una calibro 7,65. Dopo le indagini del caso, l’unico indagato nonché imputato, risultò Giosuè Ruotolo, commilitone e vecchio coinquilino di Trifone. Nonostante il ritrovamento dell’arma all'interno del laghetto del parco San Valentino di Pordenone, l’assenza della prova del Dna e di testimoni hanno reso particolarmente difficili le indagini. Dalle ricerche, infatti, è emersa la vicinanza di Ruotolo al luogo del delitto, ma nulla di più. L’accusa si è quindi basata principalmente sul movente: Ruotolo aveva paura di essere denunciato da Trifone per un profilo Facebook falso con il quale interagiva con Teresa, mettendola in guardia dalle “avventure” del fidanzato con altre donne. Se il coinquilino si fosse rivolto alle autorità avrebbe compromesso per sempre la sua carriera. Un’ipotesi mai avvallata dalla difesa, che invece ha sempre sostenuto che non vi fossero state liti fra i due. 

E' stata una veggente ad individuare la pistola

La lettura del dispositivo da parte della dottoressa Angelica Di Silvestre

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