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Il Viminale pronto a "stoppare" i debiti di Cutrò, l'ex imprenditore: "Ne ho sentite tante, vedremo"

Il vice ministro Crimi ha parlato di eventuali cancellazioni dei crediti non riscossi dall'erario dalla ditta edile chiusa per aver denunciato il pizzo

“Ho incontrato Ignazio Cutrò,  ho dato mandato di fare una verifica su tutti i debiti pregressi per capire se ci sono gli estremi di legge per la loro estinzione o riduzione. Non mi risulta che oggi ci siano procedure esecutive qualora si dovessero avviare,  ci attiveremo per sospenderle o interromperle. Lo Stato sarà sempre vicino non solo ad Ignazio Cutrò ma a tutti i testimoni di giustizia. Per quanto riguarda la sicurezza, la valutazione spetta al comitato provinciale. Sarà fatta ogni valutazione per garantire la massima sicurezza”.  Queste sono state le parole che il vice ministro dell’Interno Vito Crimi ha pronunciato sul caso del testimone di Giustizia Ignazio Cutrò. 


Ignazio Cutrò abbandonato dallo Stato, la risposta del Ministero dell'Interno


I debiti che la ditta “Cutrò” aveva contratto con l’erario erano principalmente legate al fermo delle attività subentrato alle denunce al racket  delle estorsioni.  Negli anni, nella cassetta della posta, Ignazio Cutrò oltre a ricevere gli inquietanti messaggi intimidatori, si è visto anche recapitare  pesanti cartelle esattoriali.

Cartelle esattoriali per Cutrò, l'ex testimone di giustizia: "Mi dò fuoco"
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Le dichiarazioni del vice ministro Crimi hanno portato un cauto ottimismo nel presidente dell’associazione nazionale “Testimoni di Giustizia” che dai microfoni di AgrigentoNotizie dichiara: ”In questi anni ne ho sentite tante, spero solo che l’impegno  del sottosegretario dell’Interno, Vito Crimi venga mantenuto. Ci sono state tante promesse non mantenute”.

Sul fronte della sicurezza,  l’ex imprenditore di Bivona, senza scorta da oltre due anni, aggiunge: ”Attendo ancora una risposta dalla prefettura di Agrigento ma non dimentichiamo che il primo errore di valutazione, è stato commesso nel 2015 dalla commissione centrale di sicurezza che non hanno tenuto in considerazione le minacce di morte, dei due presunti boss che oggi sono detenuti in regime di 41 bis”.
Le minacce di cui parla il testimone di giustizia sono il frutto delle intercettazioni  rese note in occasione dell’operazione antimafia “Montagna”. 

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