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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

"Pesa oltre 200 chili e non può stare in carcere con l'epidemia Covid-19", rapinatore ai domiciliari

Il giudice concede il beneficio al ventinovenne Giuseppe Schillaci nonostante il reato per cui è stato condannato rientri fra quelli ostativi

Condannato per rapina aggravata ottiene la detenzione domiciliare per ragioni di salute: la sua obesità – oltre due quintali di peso – lo pone in una condizione “incompatibile con il regime di vita carcerario, in considerazione dell’emergenza sanitaria presente su tutto il territorio nazionale per l’epidemia di Coronavirus”.

Per questo il magistrato di sorveglianza Walter Carlisi, al quale si è rivolto il difensore, l’avvocato Gero Lo Giudice, ha applicato provvisoriamente la misura alternativa alla detenzione in carcere al ventinovenne Giuseppe Schillaci sebbene il reato di rapina aggravata, rientri fra quelli “ostativi” che – in sostanza – non prevedono alcun tipo di beneficio. Schillaci è stato condannato insieme al fratello Angelo, di quattro anni più giovane, e al ventiduenne Salvatore Camilleri con l’accusa di avere messo a segno una rapina, con una spranga in mano, per vendicare un litigio che ci sarebbe stato fra il padre e alcuni operai che stavano eseguendo uno scavo per conto di Girgenti Acque e avevano chiuso al traffico una strada: per ripicca è stata organizzata la spedizione punitiva e fu sottratto il loro furgone.

La sentenza di primo grado, al termine del processo con rito abbreviato, emessa dal giudice dell’udienza preliminare Stefano Zammuto, è stata confermata in appello e in Cassazione. Per Schillaci, quindi, come per gli altri imputati, la condanna a 3 anni e 2 mesi di reclusione è diventata definitiva ed essendo un reato ostativo, per cui non sono previste misure alternative al carcere, Giuseppe Schillaci è finito in cella e vi sarebbe dovuto restare fino al 17 maggio dell’anno prossimo. 

“La salute dei detenuti, come quella di tutti i cittadini – ha sostenuto il suo legale Gero Lo Giudice – va tutelata. La sua severa obesità e gli spazi angusti della cella in cui è ristretto non sono compatibili con il regime carcerario in questo momento di emergenza mondiale legato al Coronavirus”. Il giudice gli ha dato ragione e lo ha mandato a casa.

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