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Cronaca Castrofilippo

Inchiesta antimafia "Family", il tribunale: no a confisca e a sorveglianza speciale

A quasi 10 anni dagli arresti e dal commissariamento del Comune di Castrofilippo per infiltrazione mafiosa, il tribunale per le Misure di prevenzione s'è occupato della posizione di uno degli imputati che, nel 2012, venne assolto dalla Corte d'appello

Il tribunale di Agrigento rigetta la richiesta di confisca dei beni riconducibili ai familiari del castrofilippese Angelo Alaimo (classe 1957) e stoppa la proposta di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Il tribunale ha ritenuto assente ogni ulteriore profilo di pericolosità successivo all’anno 2000, difettando quindi il presupposto di attualità.

A quasi 10 anni dagli arresti e dal commissariamento del Comune di Castrofilippo per infiltrazione mafiosa, il tribunale per le Misure di prevenzione di Agrigento – presieduto da Wilma Mazzara – s'è occupato della posizione di uno degli imputati (poi assolto dalla Corte d'appello) dell’operazione antimafia denominata “Family” che scatto il 20 settembre del 2010. Angelo Alaimo, così come gli intestatari delle proprietà, sono stati rappresentati e difesi dall'avvocato Salvatore Amato di Caltanissetta.  

La Procura distrettuale della Repubblica di Palermo aveva chiesto il sequestro e la confisca di beni in gran parte riconducibili ai familiari del castrofilippese Angelo Alaimo e l’applicazione, per quest’ultimo, anche della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, essendo ritenuto dagli inquirenti ancora soggetto vicino alla consorteria mafiosa e perciò pericoloso.

Alla base delle richieste, i sospetti - erano state rese dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Di Gati e Sardino - che Alaimo fosse parte di un accordo criminale, stretto grazie alla vicinanza e il placet della consorteria mafiosa con l’allora sindaco Salvatore Ippolito, per la gestione e l’assegnazione pilotata degli appalti edili al Comune di Castrofilippo. Le vicende giudiziarie avevano seguito, però, strade diverse: mentre Salvatore Ippolito verrà condannato, in via definitiva, per concorso esterno in associazione mafiosa all’esito del giudizio ordinario celebrato avanti la seconda sezione penale del tribunale di Agrigento, Alaimo, dopo avere subito la condanna - dal gup di Palermo (era stato scelto il rito abbreviato) - in primo grado per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa, è stato poi assolto dalla terza sezione penale della Corte d’appello di Palermo. La sentenza, poi definitiva, è del giugno del 2012. 

Il nucleo di polizia Tributaria della Guardia di finanza di Agrigento aveva ricostruito - in termini di sproporzione - i flussi di denaro, dal 2000, di Alaimo rispetto al patrimonio immobiliare che sarebbe stato accumulato dall’intero nucleo familiare e aveva perciò richiesto il sequestro delle proprietà immobiliari: appartamenti, terreni a Castrofilippo e Naro, nonché di automobili, motorini e conti corrente bancari, in gran parte riconducibili al nucleo familiare di Angelo Alaimo. Il tribunale di Agrigento ha però rigettato integralmente la proposta accertando la proporzionalità tra capacità economica ed investimenti e, quanto al profilo patrimoniale, ha evidenziato come l’intero nucleo familiare avesse goduto, sin da periodi antecedenti al 2000, di utilità derivanti sia da attività professionale, sia da alienazioni di beni mobili e trattamenti pensionistici e assicurativi. 

Quanto alla proposta di applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, il tribunale ha ritenuto assente ogni ulteriore profilo di pericolosità successivo all’anno 2000. La richiesta della misura di prevenzione, dunque, ha difettato - per il tribunale - del presupposto di attualità. Tanto Alaimo quanto i terzi coinvolti nel procedimento di confisca sono stati difesi dall’avvocato Salvatore Amato.

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