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Cronaca

"In dieci adescano un detenuto e lo picchiano", tutti a giudizio

Nella spedizione punitiva al carcere Petrusa furono coinvolti anche il figlio del boss Meli e il pastore Gianluca Scaccia, accusato di avere sparato all'ex marito della propria compagna

In due facevano il palo, altri tenevano e poi tutti a colpire con calci, pugni e bastone: una vera e propria spedizione punitiva in piena regola, per un contrasto fra detenuti, sfocia in un brutale pestaggio. Undici detenuti, molti dei quali particolarmente noti per le vicende giudiziarie nelle quali sono rimasti coinvolti negli ultimi anni, finiscono a processo. La prima udienza sarà in programma, davanti al giudice Giuseppe Sciarrotta, il 6 giugno. 

Si tratta di: Diego Pelonero, 45 anni, di Licata; Gianluca Scaccia, 35 anni, di Canicattì; Valerio Renna, 27 anni, di Misterbianco; Fabio Pastore, 41 anni, di Catania; Giuseppe Meli, 46 anni, di Camastra; Giancarlo Egitto, 50 anni, di Catania; Vincenzo Furia, 55 anni, di Canicattì; Francesco Costa, 34 anni, di Ragusa; Giovanni Crescenti, 45 anni, di Messina; Claudio Musso, 51 anni, di Noto e Calogero Antona, 48 anni, di Licata. 

Le imputazioni contestate sono di lesioni aggravate, minacce e danneggiamento. Pelonero, Scaccia, Renna, Pastore, Meli, Egitto, Furia, Costa, Crescenti e Musso, in particolare, sono accusati di lesioni aggravate. L’aggressione sarebbe avvenuta il 17 ottobre del 2017 all’interno del carcere di contrada Petrusa ad Agrigento dove tutti erano detenuti per vari reati. Un gruppetto si sarebbe riunito in una camera detentiva per mettere a segno un vero e proprio agguato ai danni di un recluso. I motivi del contrasto non sarebbero stati del tutto messi a fuoco. Costa, con una scusa, lo avrebbe accompagnato in quella sorta di “vicolo cieco” del carcere dove nessuno avrebbe potuto vederli. A quel punto, secondo la ricostruzione dell’episodio, Musso avrebbe cercato di tenere chiuso il blindo per non fare fuggire la vittima predestinata e altri due del gruppo – Meli e Pelonero – avrebbero fatto da “palo” assicurandosi che nessuno delle guardie carcerarie o altri detenuti in grado di testimoniare potessero arrivare. Il primo a colpire, usando un bastone, sarebbe stato Scaccia, pastore che si trovava là perché accusato di avere sparato, pochi mesi prima, all’ex marito della sua nuova compagna per timore che lo stesso potesse tornare a intrattenere una relazione con lei. 

Fra i protagonisti della spedizione punitiva c’è pure Giuseppe Meli, in quel periodo detenuto per ricettazione e possesso illegale di armi e indagato nell’inchiesta antimafia Vultur in cui il padre e il fratello sono stati condannati con l’accusa di avere gestito la famiglia mafiosa di Camastra. 

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