La simbiosi fra il popolo e la terra deve tornare ad essere una filosofia di vita e un sistema sociale. Il ruralismo inteso come forza rivoluzionaria in risposta e in alternativa al capitalismo che ha snaturato la terra e sfruttato i rurali.

Coltivare la terra consente un contatto diretto e costante con la natura e, attraverso il contatto con la natura, l’uomo acquista molteplici virtù quali l’autostima, l’integrità morale, la virilità e l’ospitalità. Il contadino è tradizionalmente depositario del senso d’identità, della tradizione religiosa e storica e del senso di appartenenza a una famiglia e a un luogo.

I ritmi equilibrati del mondo rurale in opposizione e in contrasto all’alienazione della vita nei centri urbani; la vita nelle città, il capitalismo e la tecnologia distruggono la libertà incoraggiando vizi e comportamenti autodistruttivi. L’ipertrofia urbana è la principale spada di Damocle che grava sui destini dell’umanità, la drammatica limitazione delle nascite è causata dall’abbandono della campagna, tale nefasta situazione, artatamente provocata, ha posto in essere le condizioni per una operazione di sostituzione etnica, studiata a tavolino, attuata attraverso l’immissione di genie africane, mediorientali e asiatiche all’interno del continente europeo.

Tornare alla terra per rispondere all’aggressione della modernità, tornare alla terra per difendere le nostre radici cristiane e tradizionali e per difenderci dall’anonimato di massa voluto dal capitalismo, un anonimato che trasforma l’uomo in un animale da mandria decerebrato che assolve ad un unico compito: consumare e produrre come un pollo in batteria.