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Giovedì, 28 Marzo 2024
Colonne d'ercole

Colonne d'ercole

A cura di Fabio Russello

Ma Cuffaro non è (nè è stato) un santo

Dice di “essere stato l’unico a pagare” (ed anche tra i suoi aficionados la teoria è questa) ma non spiega chi e perché da Roma o chissà da dove gli abbia passato quelle informazioni che lui ha girato a persone che facevano affari con la mafia

Salvatore Totò Cuffaro è un uomo simpatico. E se vogliamo è anche un uomo che ci ha fatto tenerezza. Bastava vederlo a Raffadali in braccio alla sua mamma – che non vedeva da anni perché un giudice senza cuore gli impedì di andarla a trovare con motivazioni disumane – a parlare delle polpette che lei gli preparava. 

Ma il Cuffaro che esce da Rebibbia e che finita di scontare pena non abbaia al destino cinico e baro e che non urla contro la magistratura merita sì il mio rispetto (sì, il mio rispetto) ma non deve fare dimenticare il perché l’ex presidente della Regione sia finito in carcere. 

Dice di “essere stato l’unico a pagare” (ed anche tra i suoi aficionados la teoria è questa) ma non spiega chi e perché da Roma o chissà da dove gli abbia passato quelle informazioni che lui ha girato a persone che facevano affari con la mafia. 

Certo, in Sicilia è sempre difficile potere distinguere, quando si è un uomo di potere, chi sia davvero per bene e chi per bene non lo sia per niente (anche se indossa una bella giacca e una bella cravatta). Però Totò Cuffaro con tutta evidenza era un uomo che pur facendo parte di quella chiesa conosceva chi erano i parrocchiani. 

Totò Cuffaro ha mostrato una dignità scontando la sua pena. Un gesto che a noi sembra ormai un’enormità abituati, durante i venti anni di berlusconismo, al politico che pure se colto con le mani nella marmellata gridava al complotto e alla magistratura politicizzata. 

Ma non dobbiamo dimenticare che Cuffaro è l’uomo che da presidente della Regione discuteva di tariffe sanitarie (in un retrobottega) con un uomo che poi si è scoperto altri non fosse che un prestanome di Bernardo Provenzano. Responsabilità (penali) che Totò Cuffaro ha comunque scontato (lui da solo perché non ha spiegato chi siano stati – se mai ci siano stati – i suoi correi) e responsabilità (politiche) che però sembra siano state dimenticate. Negli Ato,idrico e rifiuti, nella spesa sanitaria schizzata alle stelle e nel deficit del bilancio della Regione Cuffaro ha responsabilità precise (non esclusive, ma con una sostanziosa partecipazione). Ecco perché Cuffaro (speriamo) non sia il “padre nobile” del centro moderato siciliano. La storia dice che, politicamente, ha fallito. La Sicilia non è diventata migliore con lui (e purtroppo, va detto, nemmeno con i suoi successori).

Poi la scelta di volersi dedicare ai diritti dei detenuti e la sua intenzione di  volare in Africa per assistere popolazioni che hanno bisogno di tutto è l’esempio lampante di come il carcere, nel caso di Cuffaro, abbia svolto la sua funzione “rieducativa”.  Con la certezza peraltro che in Burundi non vi saranno vigili urbani in divisa ad accoglierlo.

Ma Cuffaro non è (nè è stato) un santo

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